Alice e Battiato: pura meraviglia
Trentadue anni dai tempi in cui li univa il meraviglioso brano dal titolo I treni di Tozeur e adesso rieccoli di nuovo insieme in forma smagliante. Come se il tempo non fosse mai trascorso. Alice e Battiato in Tour, una serie sconfinata di concerti in tutti i teatri e le piazze d’Italia, per continuare a lanciare nello spazio armonie che accarezzano le orecchie di nonni e nipoti. Un miracolo trasversale, quello di Franco Battiato, che ormai coinvolge la quarta generazione, per generare identici entusiasmi e infondere il balsamo struggente di suggestioni emotive sempre nuove.
Alice canta diverse canzoni di Battiato, altre scritte per lei dal cantautore siciliano, altre ancora composte dalla stessa artista forlivese. Carla Bissi, elegantissima sulla scena per gli abiti e nel portamento, è un’interprete di grande temperamento, dalla timbrica sensuale ed è l’unica capace di eseguire i brani di Battiato senza scadere nel ridicolo involontario.
Alice e Battiato: due anime che si incontrano e si fondono. C’è intesa tra i due, una complicità professionale intrisa di una amicizia che inizia lontana nel tempo e dura come la roccia. Così non appena lei comincia «Un giorno sulla Prospettiva Nevsky», il viso di Franco si illumina, ringiovanisce perfino e forse ritrova quella parte di sé lasciata nell’angolo di un qualche palcoscenico degli anni Ottanta.
Non a caso l’ultima composizione di Battiato si intitola Le nostre anime: oltre la vita ci si incontra e lei è quella di sempre, mentre lo sguardo trepido la segue da dietro senza farsene accorgere. «Ti proteggerò dai turbamenti che da oggi incontrerai nella tua via, perché sei un essere speciale», sono parole de La Cura, capolavoro in musica che io ho più volte definito il madrigale d’amore per eccellenza scritto in questo nostro terzo millennio.
Il concerto di Battiato e Alice va vissuto in tutta la sua carica emozionale, per il coinvolgimento nostalgico che genera chi ha già vissuto quelle atmosfere: è il mare di Summer in a Solitary Beach, in cui è bello naufragare, via dalle sponde di una vita ordinaria e senza vie d’uscita. Il poeta, come sostiene Kundera, vorrebbe ardere nelle fiamme della sua passione, ma finisce per soccombere al gorgo delle acque che si richiudono sui suoi ricordi e lo glorificano nella catarsi purificatrice. Le acque di Siloe cui ogni essere umano aspira per ritrovare se stesso.
Ascoltare Battiato significa questo e il suo pubblico, sempre attento, spesso colto e selettivo, va per ripetere mille volte questo rito. E lei, Alice, regina delle acque, è all’altezza del compito: afferra la fiammeggiante Excalibur e la custodisce negli abissi lacustri. Battiato e Alice, due nomi, due voci uniche, un solo percorso intrecciato in dedali di sottilissime intese. Lei apre con Nomadi di Yuri Camisasca, altro grande mistico e interprete raffinato, ne cesella parole e note, non vuole sbagliare una virgola. E non sbaglia.
Lui inizia “sparando”: L’era del Cinghiale Bianco. Le dita di Carlo Guaitoli e di Angelo Privitera volano sulle tastiere perché il giro armonico è bello tosto. Il pubblico è ormai in visibilio, si è già tuffato col pensiero nel mare antistante a Milo, come se fosse quello del loro beniamino e l’unico possibile. Nuota e naviga negli spazi interstellari. «Seguimmo per istinto la scia delle comete». Battiato non dà tregua e come Gurdjieff scuote il sonno dei dormienti. «Povera Patria, schiacciata dagli abusi del potere»: viene giù il palco per gli applausi.
Poi lei e lui ancora insieme, come una volta, come sempre. Unione di anime. E il pubblico mai sazio chiede bis. «Le serenate all’istituto magistrale», «Sul ponte sventola bandiera bianca», «Mister tamburino…». Attento Franco, non sporgerti, che cadere fa male. La folla si accalca sotto il palco, richiesta di autografi, scatti dei flash, selfie. Il delirio, tutte le volte. E la pace. Quella che scende dentro come un Oceano di Silenzio, sempre in calma.